Come avviene la formazione

L’Associazione Effatà,  nelle azioni e attività previste dal proprio Statuto, si prefigge  la realizzazione di corsi per la formazione dei volontari aperti anche a persone esterne all’Associazione.  La realtà carceraria odierna, non può prescindere dal ruolo che il volontario può e deve assumere con compiti e attenzioni diversificate a seconda delle necessità. Per svolgere la sua attività è molto importante che il volontario, oltre a una forte motivazione, possegga una solida formazione, che gli permetta di affrontare situazioni particolarmente difficili dal punto di vista relazionale (detenuti e personale penitenziario), una buona conoscenza dei concetti base legati alla terminologia giudiziaria, una buona capacità di porsi in rete con altri soggetti: innanzitutto con i volontari della sua e di altre associazioni che operano in carcere e poi con enti, associazioni specializzate che operano all’esterno.

Il percorso di formazione proposto a volontari, aspiranti volontari e insegnanti, vuole essere un approfondimento sulla realtà del carcere e sulle attività che si possono svolgere sia all’interno della struttura che di supporto ai familiari dei detenuti . Obiettivo primario è presentare e fare conoscere queste realtà, spesso nascoste o prefigurate da pregiudizi e stereotipi. Attraverso l’incontro con figure che operano nel carcere se ne fornirà un quadro più realistico e concreto, si definiranno anche le possibilità di azione volontaria all’interno di tale contesto, riportando esperienze concrete e facendo riflettere sulle motivazioni e sui significati che possono essere alla base di un simile impegno volontario. Il corso intende poi dare strumenti pratici e specifici, sia di carattere giuridico che relazionale, per permettere alle persone che vi parteciperanno di agire con maggior consapevolezza nel contesto carcerario.

In questo percorso formativo, occorre anche tenere conto che la Casa di Reclusione di Asti    ospita quasi esclusivamente detenuti in alta sicurezza AS3 e la presenza dei volontari e degli insegnanti, che a vario titolo operano all’interno della struttura, ha conseguentemente necessità di indicazioni e conoscenze delle regole che il  sistema carcerario adotta in questi casi, come anche degli orari in cui risulti autorizzata la presenza di soggetti esterni.

La proposta vuole essere rivolta a coloro che, al termine di un’ attività lavorativa, abbiano ancora la volontà di intraprendere un percorso di avvicinamento  alle buone pratiche di solidarietà e giustizia ripartiva, ma anche alle giovani generazioni dove,  per studi o interesse possono trovare inizialmente un’esperienza sicuramente formativa senza escludere la possibilità di un percorso professionale e  lavorativo futuro. La ricerca di collaborazioni nella fase di preparazione di questo percorso, risulta determinante in quanto l’obiettivo rimane prioritariamente quello espresso dagli art. 17 e 78 dell’ordinamento carcerario,  che aprono definitivamente le porte del carcere al mondo esterno, stabilendo che la finalità del reinserimento sociale dei condannati e degli internati deve essere perseguita sollecitando la partecipazione di privati e di istituzioni pubbliche o private all’azione rieducativa. Attraverso l’educatore e i volontari esterni,  il carcere diventa un luogo sempre più aperto e sempre più avviato a colmare quelle distanze con le quali erano stati vissuti quei pochi metri di muro di cinta che separano  il dentro dal fuori.

Queste figure, colmano tali distanze e occupano uno spazio che enfaticamente il legislatore definisce “umanizzazione della pena”, quasi a voler riconoscere la disumanizzazione di un sistema che, fino a quel momento, aveva fatto prevalere la carcerazione sempre più come vendetta sociale e sempre meno come rieducazione.

Un principio importante, è quello che prevede la partecipazione della comunità esterna, si profila la possibilità di uno scambio tra popolazione detenuta e popolazione libera, finalizzato alla rieducazione e al reinserimento, dove e quando sarà possibile, dei detenuti nella società; ma anche per i soggetti esterni di essere invogliati e stimolati a riflettere sull’assoluta necessità di azioni di prevenzione nel campo sociale in aree degradate o a forte rischio marginalità, parafrasando una famosa frase: “ un campo di calcio o una biblioteca in più e un carcere in meno”.