1997
Apertura della prima Casa di accoglienza in Asti, in Corso Casale, per chi avrebbe potuto usufruire dei 45 giorni di permesso e che non li usufruiva, perché non aveva una famiglia che lo ospitasse oppure perché era straniero. Era un alloggio che ci era stato dato dall’allora direttore della Caritas, Don Gallo.
1999
Cambio casa: da Corso Casale a via Milliavacca, con l’aiuto del Vescovo. Era molto più grande e soggiornava chi veniva in permesso, ma anche a fine pena.
2001
A causa della vendita dell’immobile ci trasferimmo in Via Carducci 81, in un alloggio che era stato occupato da una comunità di recupero, perciò molto grande. Le spese di manutenzione erano pagate da Effatà alla San Vincenzo, sempre con l’aiuto della Caritas e gestite sempre dai volonatari.
Qui erano ospitate persone detenute in permesso, in articolo 21, cioè chi veniva in Asti a lavorare e rientrava a sera in carcere, in prospettiva di un reinserimento lavorativo e persone a fine pena. All’inizio la durata massima di permanenza era sei mesi, poi l’abbiamo allungata perché i sei mesi non erano sufficienti in quanto la persona detenuta che esce dal carcere, senza una famiglia che lo accolga, deve risistemare e riorganizzare la propria vita.
In Via Carducci rimanemmo fino al 1° agosto 2010, pur avendo aperto nel frattempo altre case: ospitavamo quattro detenuti a fine pena e al pomeriggio otto detenuti in articolo 21.
Qui venivano spesso gli assistenti sociali ministeriali, il capo area degli educatori del carcere e un altro educatore dei Servizi Sociali del Comune di Asti.
Le pulizie erano svolte, a turno settimanale, dagli ospiti, ma tutti i giorni erano presenti i volontari di Effatà che spesso cenavano con loro.
Le richieste di ospitalità aumentavano, perciò pensammo di aprire altre case.
2005
Consegnati dalla ATC cinque mini alloggi in Via Madre Teresa di Calcutta 11, perciò gestivamo due strutture, una in Via Carducci (Casa di accoglienza Effatà 1) e l’altra in Via Madre Teresa di Calcutta (Effatà 2).
Prima di poter accedere alle case di Via Madre Teresa di Calcutta si doveva fare un periodo di vita comunitaria in Via Carducci.
A maggio del 2005, quattro degli alloggi dell’ATC erano occupati da detenuti a fine pena e uno serviva per i permessi e per le famiglie che venivano a trovare in carcere il proprio congiunto.
2009
Richiesta di un sesto alloggio all’ATC perché non bastavano quelli che avevamo. Ci fu concesso.
Poi la Casa circondariale si trasformò, nel 2015, in Casa di reclusione e qui decidemmo di ospitare più famiglie che venivano ad Asti a trovare i propri congiunti e da quando si sbloccarono i permessi premio, soprattutto le persone detenute che ne possono usufruire.
Nel 2019 durante il primo periodo di lockdown fummo obbligati a chiuderle.
Nel mese di giugno, verificata la possibilità di riaprire le Case di accoglienza, i volontari, dopo ricerca di informazioni tecniche normative, hanno previsto un protocollo di gestione e compiuto alcune azioni per adattare gli alloggi alle norme di prevenzione di diffusione del contagio da Covid-19 dopo condivisione e approvazione del direttivo.
In particolare:
- l’alloggio 3 è stato adibito ad accoglienza e magazzino;
- tutti gli arredi, stoviglie e casalinghi non indispensabili negli alloggi sono stati spostati nel magazzino;
- è stato predisposto un documento informativo per le famiglie;
- sono state individuate le procedure di pulizia e sanificazione, quest’ultima effettuata mediante ozonizzazione dei locali.
Essendo aumentata di molto la richiesta di permessi premio, abbiamo chiesto all’ATC e al Comune di Asti un settimo alloggio.
Come previsto dallo statuto dell’associazione, le Case di accoglienza site in Via Madre Teresa di Calcutta 11 sono sempre gestite dai volontari con l’obiettivo di favorire i rapporti tra le persone detenute e le loro famiglie. L’obiettivo fondamentale, per noi, è il ricongiungimento familiare.
Siamo aiutati finanziariamente dalla Caritas, dalla Diocesi e da un piccolo contributo di chi viene ospitato.