Il gruppo si è formato perché un’insegnante, nel 1994, ricevette il grande dono della fede, dopo essersi dichiarata atea per ben oltre trent’anni e chiese di poter andare ad insegnare in carcere nel 1995, ultimo suo anno di insegnante statale, prima del pensionamento.
Finito l’anno scolastico, vedendo i bisogni delle persone detenute, iniziò a chiamare altre persone perché potessero donare una parte del loro tempo alle persone recluse, in accordo sempre con la Direzione del Carcere. Lo prevede la legge Gozzini n° 354 del 1975 in cui si dice che “l’amministrazione penitenziaria organizzi attività istruttive, formative, lavorative, culturali, ricreative e sportive, oltre all’agevolazione di opportuni contatti con il mondo esterno “. Nel Carcere di Asti c’era una forte carenza di personale, dagli educatori alla polizia penitenziaria e anche di fondi. Così si formò il nostro gruppo, che si rivolse alla Caritas che subito ci accolse e ci aiutò: era il 1996.
“Ero carcerato e siete venuti a trovarmi” (Mt 25,43).
Questo era il motivo fondamentale della nostra presenza in carcere; per noi l’uomo detenuto è, come tutti noi, un essere chiamato alla vita, chiamato ad esistere accanto a Dio, che non abbandona mai l’uomo, lo ama e lo cerca.
Volevamo e vogliamo far sentire alle persone detenute che siamo loro vicini in un momento difficile e doloroso della loro vita, perché si sentano riconosciute per quello che sono e non per quello per cui sono state giudicate da un tribunale.
Nell’anno 2000 ci trasformammo in associazione onlus per poter partecipare ai bandi di concorso su progetti finanziati da vari enti: eravamo in 16 ed essendo in seguito entrata nel gruppo una Suora Domenicana trasferimmo la sede legale presso le Suore. Suor Margherita suggerì di chiamare la nuova associazione “Effatà”, cioè “Apriti”: Gesù la pronunciò guarendo un sordomuto. Dopo una votazione, la facemmo nostra “Apri il tuo cuore a Gesù, apri le orecchie del tuo cuore, la tua parola a Lui che ti guarirà“, ma anche: “Apriamo i cancelli di questo carcere affinché tu possa uscire e reinserirti nel mondo di tutti i giorni; apriamo i cancelli del carcere perché tante persone della comunità astigiana possano entrare a far conoscere ciò che c’è sul territorio, come ci si possa inserire, quali opportunità ci sono per chi è stato detenuto“.
Si aggiunsero altri volontari e ognuno aveva una sua motivazione: chi veniva perché considerava l’uomo detenuto un essere umano come noi, che ha sbagliato, ma che sta scontando il suo debito verso la società; chi come cittadino, in quanto l’art. 27 della Costituzione dice che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato“; chi come cristiano perché in ogni persona, anche in quella che ha commesso il più efferato delitto, è presente l’impronta di Dio.
L’impulso più grande per lo sviluppo dell’associazione ci fu nel 2003 quando organizzammo con il Carcere (Direttore, Educatori, Psicologi, Assistenti sociali ministeriali, Polizia penitenziaria) e Comune di Asti, una giornata di studio al Teatro Alfieri, sabato 4 ottobre, data scelta dall’allora Vescovo Padre Francesco Ravinale.
Le istituzioni presenti presero degli impegni, poi mantenuti e i risultati più importanti furono: convenzione con l’Azienda territoriale per la casa che ci affittò 5 mini-alloggi (da utilizzare come Case di accoglienza) nelle case popolari; fondo di solidarietà, cioè prestito dato dalla Cassa di Risparmio di Asti a ex detenuti seguiti dalla nostra associazione, alimentato dal Comune di Asti, CRAT e da una quota minima lasciata da chi riceve il prestito; maggior aiuto finanziario dalla Diocesi; maggior aiuto finanziario dalla Fondazione CRAT; collaborazione più stretta e mai interrotta con la Gazzetta d’Asti; più collaborazione con la Biblioteca Astense e altre istituzioni; più sensibilità da parte dell’opinione pubblica.
Nel 2007 aprimmo un magazzino per il Banco alimentare: i cibi erano distribuiti a famiglie di detenuti e alle Case di accoglienza, compito ora svolto dalla Caritas, di cui siamo un ramo.
Trasferimmo poi la nostra sede legale presso gli Oblati di San Giuseppe dove nel 2009 ci diedero un locale trasformato in magazzino per il vestiario da distribuire in carcere.
Nel 2010 eravamo 60 volontari, di cui una trentina entravano a turno ogni giorno in carcere per svolgere varie attività: scuola, redazione Gazzetta dentro, distribuzione del vestiario, colloqui individuali, fotografie, contributi, kit di uscita, matrimoni, funzioni religiose, digitalizzazione delle licenze edilizie e delle delibere del Comune di Asti, concerti e progetti vari, cioè tutto ciò che ci era permesso dalla Direzione del Carcere. Altri volontari si occupavano del disbrigo di pratiche amministrative varie fuori dal Carcere, della ricerca di lavoro, degli acquisti, dell’organizzazione di concerti, teatri e cene per finanziare l’associazione, delle Case di accoglienza, delle famiglie.
Allora il carcere era una Casa circondariale e non un Casa di reclusione di alta sicurezza come lo è ora: tutto era più facile perché un bel gruppo di persone detenute usciva dal carcere al mattino (svolgendo lavori vari, tipo giardinaggio e ristrutturazione Antiche Mura per il Comune di Asti ed altri lavori per altre istituzioni) e rientrava nel pomeriggio.
Dal 2015 la Casa circondariale è stata trasformata in Casa di reclusione di alta sicurezza.
Spesso venivano organizzati con il personale del Carcere (Direttore, Polizia penitenziaria, educatori, psicologi, assistenti sociali ministeriali e avvocati), corsi di formazione per i nostri volontari.
I nostri finanziamenti attualmente arrivano dalla Diocesi, dalla Caritas, da club di servizio, da privati e dai nostri volontari.
Per essere volontari in carcere è necessario essere presenti con continuità, con serietà, con prudenza, con pazienza e tanta disponibilità all’ascolto.
Da soli potremmo fare pochissimo. Operiamo in rete con Carcere, Diocesi, Caritas, Comune di Asti, Ufficio provinciale del lavoro, , Centro accoglienza vita, Scuola e Università, Biblioteca Astense, Gazzetta d’Asti, Cooperative.